Siamo entusiasti di condividere una notizia entusiasmante! Il Relais San Damian, nella splendida Liguria, è stato inserito nella prestigiosa rivista online tedesca “Glücksmomente Charmingplaces”. Riconosciuto come una delle 5 migliori gemme del Mediterraneo per il 2024, il nostro rifugio di charme continua a incantare gli ospiti con il suo ambiente sereno e la sua impareggiabile ospitalità. Scoprite perché il Relais San Damian si distingue tra le migliori destinazioni del Mediterraneo.
Benvenuti a Imperia, in Italia, un’affascinante città costiera immersa nella pittoresca regione della Liguria. Al San Damiano vi invitiamo a esplorare le incantevoli strade e i panorami mozzafiato di Imperia attraverso un itinerario curato di tre giorni. Immergetevi nella ricca storia e nella vibrante cultura di questa gemma del mare passeggiando per i quartieri storici di Oneglia e Porto Maurizio. Assaporate la deliziosa cucina locale, scoprite le gemme nascoste lungo la costa e rilassatevi nella bellezza del paesaggio ligure.
Unitevi a noi in un viaggio di scoperta e relax mentre vi sveliamo le meraviglie di Imperia, un giorno indimenticabile alla volta.
Leggi l’articolo completo e l’itinerario visitando www.italia.it
Nel cuore dell’oliveto di San Damian, il sole d’inverno bacia le foglie d’argento degli ulivi. È il momento dell’olio nuovo. Gocce d’oro scivolano dai frutti verdi nelle bottiglie, intrappolando l’essenza della terra e del nostro paziente lavoro. L’olio, fresco e vibrante, racconta la storia delle mani che l’hanno coltivato e del sole che ha nutrito l’oliva.
Ogni goccia è un’ode alla natura, un inno alla tradizione, pronta a danzare sulla tavola, regalando agli amanti del buon cibo un assaggio di pura poesia mediterranea.
Siete tutti invitati ad assaggiarlo qua con noi, al Relais San Damian con Pamela e Roberto.
La raccolta delle olive taggiasche a San Damian è un evento culturale molto sentito e ricco di tradizione. Ogni autunno, in genere da settembre a novembre, Roberto e il suo staff raccolgono meticolosamente a mano queste piccole e saporite olive da antichi boschetti immersi nella pittoresca campagna ligure.
Il processo di raccolta consiste nello scuotere con cura i rami o nell’utilizzare piccoli rastrelli per staccare delicatamente le olive mature, assicurando un danno minimo agli alberi. Queste olive sono rinomate per i loro distinti profili gustativi di nocciola e fruttato.
Dopo la raccolta, vengono sottoposte a un meticoloso processo di stagionatura, spesso in salamoia o sotto sale, che ne preserva il gusto e la consistenza unici, rendendole un ingrediente pregiato della cucina regionale, soprattutto in piatti come il pesto e l’olio d’oliva ligure.
La raccolta delle olive taggiasche non solo produce olive eccezionali, ma favorisce anche un senso di comunità, poiché le generazioni si riuniscono per celebrare questa tradizione senza tempo a San Damian, in Liguria.
Questo articolo è stato tradotto dal tedesco. Si prega di leggere la versione originale da Anja Fischer, Gründerin und CEO von Glücksmomente Charmingplaces, su www.charmingplaces.de
Negli anni ’90, i nostri padroni di casa di Charmingplaces Pamela e Roberto hanno creato un piccolo paradiso per le vacanze con il loro hotel di campagna San Damian sulla costa ligure, dove potrete sentirvi come a casa vostra.
Nata a Vienna da madre americana e padre tedesco, Pamela è cresciuta in mezzo a tante culture e modi di vita, in una casa che ospitava sempre nuovi ospiti da tutto il mondo.
Conversando con la nostra padrona di casa, cerchiamo di scoprire come la sua infanzia speciale l’abbia plasmata e perché sia riuscita a creare un luogo che ci fa sentire a casa, nonostante le sue origini senza radici. E perché, per placare una mente inquieta, non è necessario viaggiare da soli.
Charmingplaces: Pamela, lei ha trascorso la sua infanzia in Liguria. Quando vi siete trasferiti?
Pamela: Eravamo negli anni Settanta. I miei genitori erano giovani, esplosivi, sognatori, idealisti, festaioli, irrequieti e decisero – naturalmente – che il loro posto era nel sud dell’Europa.
CP: L’Europa meridionale offre molti luoghi emozionanti e bellissimi. Perché avete scelto la Liguria?
Pamela: La Liguria è semplice e autentica, con il mare, il clima mite, la gente aperta e socievole. Ci siamo trasferiti in un piccolo paese dell’entroterra di Imperia, ironicamente chiamato Isolalunga. Long Island. Mia nonna è di New York.
CP: Ma questa Long Island si trovava probabilmente in un cosmo molto più piccolo. Come potevano i vostri genitori mondani mettere radici lì?
Pamela: La nostra casa, il vecchio forno ristrutturato del villaggio, era una casa a cinque piani, piena di storie e di fascino e sempre piena di gente. Gli amici venivano da tutto il mondo. Chi lavorava con Conrad Lawrence nella ricerca sulle formiche e viveva per mesi in una tenda sul Monte Faudo, o chi lavorava nella ricerca sulla biologia marina. Ospiti che venivano dal Giappone e dormivano sul tavolo della cucina perché il materasso era troppo morbido. Dall’Australia con le ultime tecnologie e una volta addirittura Miss Australia!
C’è chi è venuto dalla Persia e mi ha insegnato una matematica diversa e bellissima, chi ha passato ore in meditazione in piedi sulla testa in terrazza. Altri facevano teatro pantomimico, altri ancora dirigevano orchestre. In mezzo c’era la vecchia insegnante di biologia di mia madre, venuta dal Massachusetts, JP la suora che aveva stretto un interessante legame con la curia locale e che ci portava in giro per le capitali europee dormendo nei monasteri.
CP: Così il mondo è venuto a casa vostra. Come l’ha influenzata da bambino?
Pamela: Ero un bambino tranquillo, osservavo e assorbivo le sensazioni, capivo molte lingue, ero curioso ma parlavo poco. Vivevo di questa diversità.
Da adolescente ho deciso di approfondire il mio grande amore per gli animali, che sono sempre stati i miei migliori amici durante la mia infanzia un po’ solitaria in inverno in Liguria. Sono diventata veterinaria per poter aiutare gli animali, anche quelli selvatici, da sola.
Ma non potevo chiudermi in uno studio o in una clinica per più di qualche anno. È tornato il bisogno di movimento e di stimoli, che potevo soddisfare solo viaggiando.
CP: Dove sono finiti i vostri primi viaggi?
Pamela: Quando a giugno finì la scuola, partii con mia madre per trascorrere due mesi negli Stati Uniti e in Canada, affascinata da questo mondo così diverso dall’Europa, da quegli spazi immensi dove tutto era gigantesco, dalla bottiglia di latte alle foreste, ai laghi e ai deserti. Lì ho conosciuto la ricchezza della borghesia americana, la discendenza da un eroe della guerra d’indipendenza (William Dawes), l’abbondanza e la prosperità economica.
Poi tornai in Italia in agosto e andai con mio padre in Ungheria, dove viveva suo fratello (che era rimasto in Ungheria dopo l’invasione russa del 1956), per trascorrere un mese intero lì, sul Danubio, tra vigneti e campi di mais e di girasole. Qui ci siamo alzati alle cinque del mattino per prendere il pane razionato, e mio zio ha conservato con cura tutto ciò che abbiamo portato dall’Occidente, a partire dalle buste di plastica.
CP: Crescere tra tante culture diverse, viaggiare in mondi così opposti: come si fa a capire chi si è?
Pamela: La visione di questi mondi lontani, che ho potuto sperimentare intensamente e senza pregiudizi prima della caduta del Muro, ha avuto una forte influenza sulla mia personalità e sulle mie scelte di vita.
CP: C’è un buon esempio di questo?
Pamela: L’avventura del nostro agriturismo! Insieme a mio marito, abbiamo costruito lentamente e faticosamente un luogo meraviglioso sulle colline sopra il paese di Isolalunga, dove da bambina giocavo a nascondino. L’opportunità di coniugare il mio grande amore per la natura con la sensazione di accoglienza che avevo respirato fin da piccola nella casa “aperta” dove sono cresciuta. Non avrei mai potuto chiamarla “mia” casa, era una casa per “tutti”.
CP: E il vostro bisogno di viaggiare non si presenta più?
Pamela: Quando sono arrivate le mie due figlie Viola ed Emma, questa esigenza ha cominciato a scomparire nella sua vecchia forma. Abbiamo creato un luogo aperto ai viaggiatori che sanno scoprire il segreto dei luoghi meno conosciuti. Quei luoghi che non sono segnati sulle solite mappe e che sono protetti e custoditi come un tesoro.
Ancora oggi, come quando ero bambino, traggo energia e passione dall’incontro con persone che vengono qui da tutto il mondo per apprezzare l’autentica semplicità e la meraviglia di questi luoghi che non sono quasi cambiati negli ultimi 50 anni.
San Damian è un luogo che riflette l’anima di Pamela. Aperto, mondano, un luogo in cui gli ospiti si sentono, dopo poche ore, come se fossero a casa loro da molto tempo, eppure possono sempre scoprire nuove sfaccettature dei loro padroni di casa. Come è successo a noi in questa conversazione. Grazie Pamela!
Il mondo sta cambiando e sta cambiando ora.
C’è voluto un virus per fermarci, per mettere un freno a tutto il correre, fare, consumare della nostra civiltà. Sappiamo che niente sarà mai più come prima e sappiamo che non dipende più da noi, possiamo solo accettare il cambiamento.
Quello che dipende da noi è il come accoglierlo questo cambiamento, se farne tesoro, se ascoltare il suo messaggio più profondo.
Qui a San Damian siamo molto fortunati e altrettanto grati di esserlo: continuiamo a lavorare tra le aloe, i salici, le buganvillee e gli ulivi. In questa stagione fertile e assolata ci prendiamo cura dei giardini, delle terrazze, dei sentieri e ci prepariamo ad accogliervi mentre la primavera sta esplodendo: potiamo, piantiamo, seminiamo, ripiantiamo, rifiniamo, mentre stanno già arrivando gli aromi fioriti delle lavande e dei rosmarini, i candori in boccio dei mandorli e dei falsi gelsomini.
Sappiamo che il Covid-19 cambierà per sempre le nostre vite, umane, ma altrettanto chiaro è che la natura continuerà il suo ciclico rinnovarsi e in questa consapevolezza San Damian continuerà a offrirvi ciò per cui è nato: essere un’oasi sicura di serenità, distante dagli affollamenti.
Vi aspettiamo nei nostri giardini ideati per la tranquillità, nelle terrazze pensate per garantire intimità, negli spazi distesi per favorire il ritiro e il silenzio. Siamo pronti ad ospitarvi nella dimensione di quiete che chi ci conosce sa bene e chi no, invitiamo a testare, ancor più oggi che il bisogno di un luogo al riparo dalle tempeste mediatiche si fa necessità.
Sappiamo che ci vedremo presto, intanto, vi auguriamo di trarre da questo momento complesso i suoi frutti più preziosi e nascosti.
C’era una volta un pezzo di legno. Non un legno qualsiasi: era un bel pezzo di legno d’ulivo che non avrebbe dovuto però essere troppo contento della sua sorte: era sì bello venato, ma aveva una forma… Strana. Un tempo era stato un albero di taggiasca, alto e robusto, ma venne tagliato e sradicato, non so dirvi proprio perché. Né so dirvi il perché era finito in mezzo a calcinacci e scarti di ogni genere, nel fondo di una cantina di un’antica costruzione proprio nel mezzo di una collina un tempo divorata dalle formiche e poi bruciata, sempre arsa dal sole e battuta dal vento.
Il pezzo di ulivo non conosceva più quel sole, né quel vento.
Giaceva al buio e anno dopo anno, non vedeva mai le cose cambiare, solo di tanto in tanto sospirava – Oh! Se solo potessi tornare lì fuori come gli altri alberi, a prendere ancora pioggia, vento e sole! – e immaginava il tepore del sole, la frescura del vento e la goduria della pioggia che lo avevano un tempo nutrito e fatto grande per tanti secoli.
Nella stanza non era solo, altri pezzi di legno erano stati abbandonati insieme a lui e per loro la cattività aveva assunto un animo maligno, così lo schermivano in egual misura per la sua forma un po’ appuntita e, di più, per invidia della sua speranza.
Di tanto in tanto, mentre le stagioni passavano, il povero pezzo d’ulivo continuava a lanciare il cuore fuori dalla cantina – Oh! Come vorrei sentire ancora gli uccellini che si posano sopra i miei rami! – E gli altri pezzi di legno, sdegnati, lo zittivano – Accontentati dei gatti hihihihi!
In effetti di gatti ve n’erano tanti, e anche di topolini. E il nostro pezzo d’ulivo, che era un sognatore e come ogni vero sognatore non si stancava mai di curiosare, chiedeva a loro di raccontargli cosa succedeva all’esterno della buia cantina. Così una volta i gatti, una volta i topolini, gli parlavano della stagione che scorreva, del suono delle cicale o della luce della luna.
Raccontavano del posto che stava cambiando lì fuori, stagione dopo stagione, di un frutteto che stava nascendo, dei cachi che crescevano, dei fichi che mettevano sempre più frutto, delle ramassin che profumavano d’antico, delle strane sculture che apparivano qua e là, di pozze che erano state riempite d’acqua cristallina. Parlavano di colori che sembravano vivi e iniziavano ad abitare le nuove dimore degli esseri umani, costruite proprio lì sopra e intorno alla cantina. Dicevano di gente che si aggirava con facce strane, osservava, disegnava, scriveva. E il povero pezzo d’ulivo, chiedeva, sognava e ricordava, conservando dentro una inesorabile scintilla di vita. Poi esclamava – Oh! Come vorrei sentire ancora il piacere delle mie grosse radici affondare dentro la terra!
Finchè un bel giorno…
Le Terrace suite dalle ampie terrazze vista mare si abitano su due piani e ai loro soppalchi, in pino e ulivo, si accede salendo multiformi scale di fattura artigianale, una dritta, l’altra rotante che si attorciglia su sé stessa.
Sono suite dalle tonalità calde, piene delle fantasie variopinte del centro Italia, di quadri locali e ceramiche colorate toscane, ingentilite dai morbidi e grezzi spessori delle tende in cotone e lino tessute manualmente. Qui una stratificata mescola di eccellenze artigianali liguri e italiane dai toni acidi e insieme teneri si armonizza tra viola, gialli, rossi e arancioni.
Il gusto delle dissonanze guadagna temperatura dalla presenza calda dai legni: quello di ulivo, familiare, torto, eterno, proveniente dagli alberi delle nostre campagne che oltre ai soppalchi e alle balaustre intarsia i camini che intensificano la domesticità dello spazio.
Accanto all’energia quieta dei legnami dominano il cotto figlio dell’argilla, le lastre di ardesia – la nera roccia ligure – e il marmo, la pietra splendente, dal greco μαρμαίρω, splendere.
Se vi affacciate poi in terrazza, lì esplode il bianco dei falsi gelsomini – i trachelospermum asminoides – vitali divisori tra un terrazzo e l’altro, dalla foglia corpulenta, verde e lucida. Insieme a loro nel bagno di luce che vi offre l’ampio balcone vi fanno compagnia le palme cycas, preistoriche e sempreverdi.
Come vi suggeriscono i particolari delle composizioni interne ed esterne è la curiosità che nutre l’armonia di San Damian: è il percorso, l’ispirazione, l’apertura al cambiamento. Pamela e Roberto viaggiano, riportano, raccolgono le eccellenze di atmosfere, oggetti e ambienti, fanno tesoro e arricchiscono continuamente questo luogo di influssi positivi che poi qui sgorgano nella ricchezza di tutto: di cura, di ospitalità, di natura, di relazioni.
La dimensione personale arreda gli spazi e tesse lo spirito di collaborazione di tutti quelli che qui lavorano e passano, qualcosa che si fa fatica spiegare: noi lo lasciamo sospeso, a voi respirarlo.
Respirare quel tepore intimo dello spazio domestico, percepire la dedizione nel disegno di ogni angolo, nella filatura di ogni tessuto, nell’accostamento delle forme ai materiali: ovunque a San Damian si sente il tocco di Pamela e Roberto, spessore che impregna gli spazi condendo ciascuna suite di un’anima e di un’atmosfera uniche.
Se tocco e tepore sono ovunque, nelle Garden e Arch Suite trionfa l’armonia sussurrata a pennellate di verde, turchese e blu che richiamano e rinforzano la vista sul mare e l’apertura sui giardini della veranda esterna. Le Arch suite sono pensate per chi preferisce gli spazi ariosi, si estendono su un livello e offrono il relax del porticato esterno. Le Garden suite donano l’intimità di un angolo di giardino privato e si sviluppano su due piani, con zona notte soppalcata.
Vere opere d’artigianato – uniche, tutte diverse – le nostre suite posseggono un gusto misto, un agrodolce che sa di antico e moderno insieme, dove spiccano arredi d’artigianato artistico che rompono impercettibilmente l’ordine delle cose per poi con grazia reintegrarsi nell’armonia finale – una mano, una maschera, una lampada, una macchia inaspettata di colore.
Pezzi che in parte arrivano dal vicino borgo di Dolceacqua, il paese degli artigiani-artisti dove tra molti altri anche Claude Monet lasciò traccia imprimendo la leggerezza dell’architettura locale negli affreschi del ponte e del castello.
Da questo gioiello di paese proviene anche l’amico restauratore Edmondo che oltre a produrre ottimo vino Rossese è l’artigiano di bottega che si è occupato di riportare all’originale splendore gli armadi, i tavoli e i tavolini in legno di noce e castagno che ammobiliano le suite di San Damian. E come artigiani, se artigiano è colui che si occupa di ogni passaggio dal pensiero alla creazione, così qui Roberto e Pamela seguono ogni passo della filiera ricettiva rendendo le idee sostanza e plasmando giorno dopo giorno un’accoglienza di piccoli dettagli e grandi incanti.
“… e ogni cosa sembra sussurrata” – dalle parole di Angela, un’ospite che ha lasciato una gentile recensione su booking.com
Le more di gelso rosse e bianche da maggio fino all’estate inoltrata, le ciliegie e le amarene a giugno, le ramassin a luglio, i fichi e l’uva fragola ad agosto e settembre, i cachi quando esplode l’autunno. Ecco alcuni dei frutti di stagione che riempiono i nostri giardini e farciscono le vostre prime colazioni a San Damian: i risvegli qui condensano il sapore ciclico di varietà che hanno viaggiato i continenti per impiantarsi in Liguria. Il gusto dolce e antico delle ramassin arriva dal mondo arabo, qui diffuso grazie ai monaci benedettini. Le more di gelso provengono dall’Asia, in Liguria ampiamente utilizzate per la produzione dei bachi da seta. Mentre i fichi con la loro carnosità afrodisiaca, tanto decantata dai Romani, giunsero dal Medioriente.
Alla frutta accostiamo noci, mandorle e nocciole, yogurt e latte, cannella e carote, farine integrali, farine di farro e amalgama del tutto l’olio di taggiasca di nostra produzione. Torte e crostate sono impastate mattina dopo mattina, permettendoci di dedicare una particolare cura alle intolleranze alimentari e offrendovi la possibilità di scegliere gli impasti secondo le vostre esigenze.
Le nostre piante semi-selvatiche non ricevono trattamenti e i frutti che gusterete sono trasformati con il più rispettoso tra i processi di lavorazione della frutta: la composta. Questa tecnica di conservazione assicura la massima concentrazione di frutta e l’assenza di additivi, di cui gradito pegno è la conservazione breve e la necessità di assaporarla presto. Poco saccarosio, bollitura veloce, a voi il sapore della frutta matura che ha in sé tutto lo zucchero necessario per donarsi nella sua dolcezza originaria, senza nulla aggiungere: per noi la composta sintetizza la scelta di fornirvi il gusto del tempo presente.
Take your time significa anche questo: scegliere conservazioni brevi che rispettino la ciclicità del frutteto, impastare ogni giorno il necessario per la colazione e condire le vostre mattine di sapori freschi. Ecco il segreto con cui riempiamo i ciambelloni e la magia di cui guarniamo le crostate, con l’invito a concedersi la perfezione di ciò che è maturo nel tempo presente.
CODICE CITR 008031-AGR-0010
CODICE CIN IT008031B5QAOGTCPT